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martedì 30 dicembre 2014

Il Re dei dolci Abruzzesi, il Pane Rozzo ovvero il Parrozzo!



Come già detto qui, una domenica pomeriggio vedo mia sorella che armeggia con gli stampi semisferici.
Mumble mumble...
Ehi sorella, mica ti starai preparando per il parrozzo vero??????
Non iniziare prima del mio ritorno che devo immortalare pure questo!! :DDDDD

La mia flotta parentale è talmente vasta da ricoprire molte delle nostre Regioni.
Ho scoperto questo dolce grazie a mio cognato, nato e cresciuto in uno dei parchi più belli dell'Abruzzo e precisamente in provincia di Pescara: il parco Nazionale del Morrone e della Majella.

Come scoprirete nella storia e nelle curiosità che vi lascio a fine post, anche questo è un dolce fatto di pochi e semplici ingredienti che però regalano un gusto davvero meraviglioso.
La croccantezza del guscio di cioccolato che avvolge un impasto morbido, scioglievole ed umido al punto giusto da essere mangiato fetta dopo fetta!!

Eccovi la ricetta per uno stampo semisferico da 20 cm, "carpita" ad un'anziana zia...
Sssssssssssshhhhhhhhhhh... non ditelo a nessuno! :))))

INGREDIENTI:

- 6 uova
- 200 g di zucchero
- 170 g di semolino
-  170 g di mandorle con la buccia
- 1 bicchierino di amaretto (tipo il Saronno va benissimo)
- 1 limone (succo e buccia)
- 1 arancia (succo e buccia)
- 1 bustina lievito istantaneo per dolci (ma anche per salati va benissimo)

Per la copertura:
- cioccolato fondente di ottima qualità

PROCEDIMENTO:

Tritare finemente le mandorle e riservare. 
Lavorare tuorli e zucchero fino a farli quadruplicare nel loro volume (come per un pan di spagna); aggiungere il succo e la buccia di limone ed arancia, poi l'amaretto, le mandorle ridotte in farina e per ultimi il semolino ed il lievito. 
Amalgamare bene con delle semplici fruste elettriche e poi  aggiungere gli albumi precedentemente montati a neve, lavorando con una spatola e con movimenti dal basso verso l'alto cercando così di non smontare il composto.


Quando è tutto ben amalgamato, mettere l'impasto nello stampo imburrato ed infarinato e cuocere a 180/200° per 1 ora e mezza. 
NON fatevi spaventare da questo tempo!!
La cottura del parrozzo, nonostante sia un pane rozzo, è invece  molto delicata; deve cuocere molto bene altrimenti crolla al centro!
Se necessario coprire con un foglio di carta di alluminio(*) ed abbassare un pochino i gradi di cottura. Fare sempre la prova con lo stecchino prima di sfornare e  comunque (*) non aprire prima di 45 minuti, previo il crollo irrecuperabile
Dopo essere sopravvissuti allo spauracchio del crollo, sfornare e sformare la semisfera lasciandola raffreddare su una gratella per almeno per 12 ore.


La parte della glassatura sarà ora una passeggiata...
Sciogliere il cioccolato fondente nel microonde a temperatura moderata (350 watt) e poi farlo colare lungo tutta la parete della semisfera lavorandolo con una spatola in silicone cercando di lisciare il più possibile la superficie.
Anche la glassatura dovrà essere piuttosto "rozza", nessun temperaggio, nessun ricamo, ma solo tanto buon cioccolato ad esaltare la semplicità!

Ecco l'interno ed una fetta tutta per voi! :)))))))




Ed ora...

UN PO' DI STORIA E QUALCHE CURIOSITA'

Il Parrozzo nasce ed affonda le sue origini nella società agricola. 
Era un antico pane delle mense contadine che i pastori abruzzesi ricavavano dalla meno pregiata farina di mais, e che veniva poi cotto nel forno a legna. 

Nacque in origine come dolce natalizio negli anni venti per iniziativa del pescarese Luigi D’Amico, titolare di un caffè del centro, che ebbe l’idea di renderlo dolce e di produrlo nel suo laboratorio, rielaborando la ricetta senza stravolgerne le caratteristiche originali. Infatti s’ispirò all’antico pane delle mense contadine utilizzando anche uno stampo a forma di cupola che ricordasse appunto le pagnotte contadine. 
Il Parrozzo fu ideato e preparato per la prima volta nel 1919 da Luigi D’Amico, amico di D’Annunzio, il quale volle dare forma d’arte ad una trasposizione dolciaria di un’antica ricetta abruzzese fatta col latte delle greggi profumato di timo e di menta insieme alle mandorle della montagna: un pane rustico detto “Pan rozzo”: pagnotta semisferica che veniva preparata dai contadini con il granoturco e destinata ad essere conservata per molti giorni. 

D’Amico, ispirato dalle forme e dai colori di questo pane e facendo rimanere la forma inalterata, aveva riprodotto il giallo del granturco con quello delle uova e aveva adoperato una copertura di finissimo cioccolato per imitare lo scuro delle bruciacchiature caratteristiche della cottura nel forno a legna. 
La prima persona alla quale Luigi D’Amico fece assaggiare il Parrozzo fu Gabriele d'Annunzio glielo inviò a Gardone, il 27 settembre unitamente ad una lettera

“Illustre Maestro questo Parrozzo – il Pan rozzo d’Abruzzo – vi viene da me offerto con un piccolo nome legato alla vostra e alla mia giovinezza”. Il dolce trovò ampio consenso da parte del poeta che, dopo averlo assaggiato, scrisse a D’Amico questo sonetto dialettale in sua lode.


 “È tante ‘bbone stu parrozze nov e che pare na pazzie de San Ciattè, 
c’avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, 
la terre grasse e lustre che se coce e che dovente a poche a poche 
chiù doce de qualunque cosa doce .
 Benedette D’Amiche e San Ciattè …” 

Sulla scatola, a ricordare le nobili origini del Parrozzo letterario, compaiono i versi scritti dal poeta pescarese:
“Dice Dante che là da Tagliacozzo,
ove senz’arme visse il vecchio Alardo,
Curradino avrie vinto quel leccardo
se abbuto avesse usbergo di Parrozzo”.
Correva l’anno 1927.






Possano nel nuovo anno realizzarsi tutti i desideri del vostro cuore!
♥♥♥
Silvia, Tamara e Maria Teresa

lunedì 22 dicembre 2014

In un mare di dolcezza, pesci di pasta di mandorla, gamberi, cozze e... Savoiardi!


Un mare di Pasta di mandorla salentina (altrimenti detta anche Pasta Reale), il rito più dolce delle feste che a Pasqua assume le vesti di un agnello tutto riccioloso, a Natale invece si presenta in forma di pesci e conchiglie, io non potevo che aggiungerci la cozza, altrimenti detta Ziatam, e il gambero un passo avanti e due indietro.
Tradizione salentina fin dal '700, lu tuce te li signori (il dolce dei signori), il pesce (o l'agnello) di pasta di mandorla veniva preparato dalle suore come dono ai vip del tempo, vescovi, prelati, aristocratici, golosoni che mica s'accontentavano di pane e Nutella. Eh no! Le suore, che non vivevano di sole preghiere, si sono inventate questo dolce lussurioso, ripieno di faldacchiera * e qui si apre immediatamente un contenzioso, il solito, il più tradizionale di tutti! Secondo voi quali suore hanno inventato la faldacchiera? Se la contendono le suore Benedettine di Lecce (che ancora oggi producono questa meraviglia) e le Teresiane di Bari! Non chiedetemi chi ha vinto, perché non lo sa ancora nessuno, il contenzioso andrà avanti per l'eternità, lo scopriremo solo morendo (nel senso quando andremo nell'aldilà, forse:)

Io invece ho imparato a fare il pesce di pasta di mandorla da una donna che non è una suora, è la mamma della compagna di mio fratello, che, per tagliare la testa al toro, non è né leccese né barese, è milanese! Pensate voi!
Confesso, non ho avevo mai amato questo dolce troppo dolce, ma quello di Enrica è eccezionalmente buono ed equilibrato,  m'ha conquistata subito, tanto che, visto che neppure io vivo di sole preghiere (ehm), appena l'ho assaggiato qualche Natale fa e averla pregata (sì, ogni tanto prego, confesso:) di darmi la ricetta, mi sono subito messa all'opera pia, e come succede per il Panterrone che faccio tutto l'anno, anche il pescato di pasta di mandorla non conosce stagioni a casa mia!
Enrica grazie, sei una salentina di Milano doc!

* La faldacchiera è una spuma di tuorlo d’uovo, mista a marmellata, canditi e altri ingredienti ed è nascosta nella pancia del pesce o dell’agnello; per farla si usano rossi d’uovo e zucchero sbattuti e cotti a bagnomaria a fuoco molto lento.




La ricetta di Enrica non prevede la faldacchiera, crema meravigliosa ma che ha il difetto di dover essere consumata subito, invece il pesce farcito come di seguito può essere conservato protetto da pellicola alimentare per diversi giorni. E può essere regalato, come è in uso nel Salento, c'è un giro di pesci di pasta di mandorla che non avete idea, io lo regalo alla vicina di casa, la vicina di casa regala il suo alla cognata, la quale ne prepara diversi che regalerà a parenti e amici, fra cui mia cugina che a sua volta però ne ha già distribuiti una cinquina, di cui uno a me! Tutti diversi, che ve lo dico affà?



Stampa solo la ricetta

Ingredienti per un pesce di pasta di mandorla da 30 cm:

Per la pasta di mandorla:

- 350 g di mandorle sgusciate e pelate
- 280 g di zucchero
- 100 g di acqua
-     4 o 5 mandorle amare (o qualche goccia di aroma naturale di mandorla)
1/2 bacca di vaniglia

- Macinare le mandorle in un tritatutto con un paio di cucchiai di zucchero.
- Preparare il giulebbe: versare lo zucchero rimanente, l'acqua e il baccello di vaniglia in una pentola e porre su fuoco dolce.
- Cuocere una decina di minuti finché lo zucchero sia completamente sciolto e si sia formato uno sciroppo denso.
- Eliminare la vaniglia e versare la farina di mandorle, mescolando continuamente per evitare che la pasta si attacchi al fondo.
- Quando la pasta si stacca dalle pareti spegnere il fuoco e far raffreddare completamente in un piatto.
- Dopo circa un'ora lavorarla con le mani e utilizzarla oppure formare un panetto.
- Avvolta nella pellicola alimentare si conserva in frigorifero per diversi giorni.

Passo passo fotografico



Per il pesce di pasta di mandorla:

- 650 g di pasta di mandorla
- 200 g di marmellata di amarene o di visciole (meglio se fatta in casa)
-   60 g di cioccolato fondente
- q.b. liquore tipo Strega
- q.b. Savoiardi (vedi ricetta sotto)



- Lavorare con le mani la pasta di mandorle con un paio di cucchiai di liquore Strega, assaggiare e valutare, secondo il proprio gusto, se aggiungerne ancora.
- Rivestire la formina di alluminio o in gesso con pellicola alimentare.
- Schiacciare porzioni di pasta di mandorla fra le mani e ricoprire tutta la formina in un strato non troppo alto, si tenga presente che il pesce verrà rigirato e quindi il fondo diventerà superficie.
- Distribuire la marmellata in tutta la lunghezza, anche in testa e in coda, fate un testacoda insomma :)
- Tritare il cioccolato grossolanamente ed aggiungerlo alla marmellata.
- In un piatto fondo diluire mezzo bicchiere di liquore Strega con un po' d'acqua, bagnarvi i savoiardi e posizionare questi nel pesce.
- Ricoprire con la pasta di mandorle rimanente, pressare con delicatezza e rovesciare su un vassoio rettangolare.
- Decorare con un chicco di caffè o una goccia di cioccolato l'occhio di pesce (che non è un callo e neppure l'occhio da pesce lesso), e dipingere con colori naturali, caffè, tè, cacao, zafferano, curcuma, sciroppo di amarene ecc.
- Si conserva diversi giorni a temperatura ambiente protetto da pellicola.





Lo so, avrei dovuto decidere se pubblicare il pesce, la pasta di mandorle o i savoiardi,  non sapevo che pesci prendere, così sono rimasta a metà, per un po' ho fatto il pesce in barile, quando invece avrei dovuto buttarmi a pesce in questa pubblicazione, ma santiddio mi sembrava un post che non era né carne né pesce, tre ricette in una, una per due, tre per due, muta come un pesce continuavo a pensare, stavo per addormentarmi, ma si sa, chi dorme non piglia pesci, così mi sono guardata allo specchio e mi sono fatta gli occhi di triglia...ma io non sopporto chi mi fa gli occhi da pesce lesso, così mi sono presa a pesci in faccia, quando voglio divento uno squalo...ma...ma... poi mi spavento da sola e comincio ad annaspare... mi sento un pesce fuor d'acqua... e che sarà mai, solo un post, e anche se non so che pesci pigliare non posso mica aspettare ad oltranza no? che poi si sa... l'ospite è come il pesce, dopo 3 giorni puzza! Allora ho preso la reflex, le mandorle e le formine e, sana come un pesce, mi sono messa a fotografare, scrivere, registrare, e ho fatto un pesce piccolo che s'è magnato quello grande!





DI PERTINENZA


Savoiardi (ricetta di Luca Montersino)

Ingredienti:

- 70 g di albumi
- 45 g di tuorli
- 60 g di zucchero
- 60 g di farina debole (o 40 g farina e 20 g fecola di patate)
-   1 pizzico di sale
q.b. zucchero semolato
q.b. zucchero a velo
facoltativi: zeste di mezzo limone grattugiate e/o semi di vaniglia

- Montare a neve fermissima gli albumi con lo zucchero, aggiungere i tuorli sbattuti col sale, le zeste di limone e la vaniglia e, con una spatola, amalgare con delicatezza il composto con movimenti dal basso verso l'alto.
- Aggiungere la farina poco alla volta, facendola scendere direttamente dal setaccio, continuare a mescolare delicatamente per non smontare l'impasto.
- Riempire una sac à poche dotata di bocchetta liscia da circa 1 cm, foderare la leccarda del forno con carta forno e formare delle strisce lunghe 8 cm, distanziandole tra loro.
- Ricoprire prima con zucchero semolato e poi con quello a velo ed infornare a 200° per circa dieci minuti.
- Quando i savoiardi saranno cotti (ma non coloriti) estrarli ed aspettare che si freddino prima di staccarli delicatamente dalla carta forno con una paletta.
- Si conservano in scatole di latta per circa 15 giorni. Se si preferiscono croccanti, farli asciugare un giorno o due all'aria aperta prima di conservarli.




DIVAGAmente 


NATALE

Il piccolo Gesù si alzò dalla mangiatoia e, vedendo tutte quelle pecore, disse: "Tanto non dormo".

("Nuovi momenti catartici" Flavio Oreglio)


Tamara


Buone feste!
Tamara, Silvia, Emmettì

martedì 16 dicembre 2014

Christstollen: Frohe Weihnachten ovvero Stollen: Buon Natale




"Ciao sorella!! Che combini???"
<<Sto preparando del marzapane...>>
"Marzapaneeee?????"
<<Certo! Domani devo preparare lo stollen!>>
"Stolleeeeen?????? Quello dello scorso anno????? Quel coso meraviglioso che io ho mangiato a non finire???"
<<Si quello..., quello!!!>>
"Mumble..., mumble...; senti ma..., se io fotografassi i tuoi passaggi..., me lo fai pubblicare sul blog???"
<<Mmmmmmmhhhhhh, ma certo!!!>>

"Grazie sorellonaaaaa!" :)))))))


Lo stollen è la versione tedesca del panettone milanese, almeno secondo me!
Una versione ricca di gusto, profumi e sapori che, a dire il vero, non ha nulla da invidiare a quello che, tradizionalmente, siamo abituati a mangiare in questo periodo.
Un impasto brioche che di soffice non ha proprio nulla, ma vi assicuro che la sua bontà è talmente invadente da lasciarvi di stucco, proprio come me lo scorso anno, quando lo assaggiai per la prima volta!

Andiamo a vedere come si fa??
Ah! Una premessa...
Le dosi che sono qui riportate, sono pari pari  a quelle della ricetta a cui Annarita ha fatto riferimento (quella di Adriano qui) per questa realizzazione.
Se userete le quantità sotto indicate, vi ritroverete con tre fagotti belli cicciotti!
Non vi consiglio di dividere per 3 e farne uno solo...
All'assaggio vi pentirete di non averne ancora!!! :DDDD
Ah! E poi anche lo Stollen è un bellissimo regalo home made per i vostri cari! ;))

Come tutti i lievitati, la preparazione è un po' lunga, ma non fatevi spaventare da questo, anche perché, suddividendo il lavoro, non vi peserà affatto!


INGREDIENTI

1 kg farina W 300 (una buona manitoba andrà benone!!)
3 uova
370 g di latte intero
300 g di  zucchero
350 g di burro
20 g di lievito fresco
20 g disale
300 g di uva sultanina
150 g di arancia candita
250 g di albicocche secche
250 g di mandorle tostate e tritate
1 stecca di vaniglia
1 cucchiaino di miele
noce moscata, zenzero in polvere, cannella, cardamomo, zeste grattugiate di due limoni
rhum




Marzapane:
300 g  farina di mandorle
170 g zucchero semolato
170 g zucchero a velo,
1 albume, poche gocce di estratto di mandorla amara

Impastare tutto a freddo, formare un panetto e avvolgere in pellicola e riporre in frigo.



PROCEDIMENTO


La sera precedente l'impasto vero e proprio, preparare un poolish aromatizzato con i seguenti ingredienti presi dal totale:

250 g di latte a temperatura ambiente, 
125 g di farina, 
    7 g di lievito, 
1/2 cucchiaino di cannella in polvere, altrettanto zenzero, una grattata di noce moscata, 
zeste grattugiate di 1 limone, la polpa di 1/stecca di vaniglia, semini pestati di 3 bacche di cardamomo. 
Sciogliere il lievito nel latte, unire gli aromi e mescolare.
Riporre in frigo a 5° fino al mattino successivo. 
Mettere a macerare in poca acqua tiepida e rum le uvette, i canditi e le albicocche precedentemente tagliati a cubetti.


Il mattino dopo, tirare fuori dal frigo il poolish e preparare un prefermento con i 120 grammi di latte rimanente, 120 grammi di farina, 13 grammi di lievito e il miele.
Lasciare gonfiare, quasi fino al raddoppio, o meglio, fin quando sulla superficie appariranno delle bollicine.
A questo punto versare nella macchina impastatrice il poolish della sera precedente, il prefermento del mattino, le uova, e lo zucchero, alternando con la farina rimanente.
Impastare il tutto inserendo gli ingredienti un po' alla volta e lasciando il burro e i canditi verso la fine; per ultimo unire le mandorle, precedentemente tritate in pezzi grossolani.
Non appena l'impasto si aggrapperà al gancio, interrompere la lavorazione.
Questo tipo di impasto non necessita di eccessiva incordatura.

Rovesciare l'impasto su un piano di lavoro e raccogliere a palla.
Trascorsi 40'  mettere l'impasto in una ciotola, coprire con pellicola, porlo in frigorifero e..., dimenticatelo lì fino al giorno dopo ;))
In questo tempo, l'impasto non lieviterà ma "maturerà" nel profumo e nel sapore.


Il mattino successivo, togliere l'impasto dal frigo e lasciarlo a temperatura ambiente fino a quando torni ad essere lavorabile ;)
Dividere l'impasto in tre parti uguali e dare una preforma a sfera.
Coprire gli impasti e lasciare riposare 20'. Trascorso questo tempo, serrare la preforma come se si volesse "pirlare" (se ancora non conoscete questo verbo e l'azione che ne corrisponde, andate in uno dei post sui millanta panettoni di Tam ed ogni vostro dubbio sarà sciolto).

Trascorso ancora questo tempo, dare la forma a filone, serrando bene la formatura, appunto.
Spero che le immagini a seguire chiariranno i passaggi appena descritti.



Ora, siccome dobbiamo aspettare altri 20 minuti, prendiamo la pasta di mandorle preparata il giorno prima e dividiamola in tre, creando dei cordoncini dal diametro ci circa 3-4 cm (la lunghezza la regoleremo al momento dell'inserimento nell'impasto).
I 20 minuti son passati.
Stendiamo ciascun filoncino a rettangolo e preseguiamo come da sequenza fotografica :



Ora, se siete arrivati fino a qui significa che: mi volete tanto bene e che forse vi siete convinti a fare questo meraviglioso dolce.
Manca ancora poco dai, siamo vicini alla cottura!!;))

Una volta data la forma tipica, posizionare l'impasto su una teglia (in realtà ve ne serviranno tre) e lasciar lievitare coperto con pellicola alimentare fino al raddoppio.
Adesso sì, l'impasto deve lievitare!!!! :DDDD

Quando è quasi raddoppiato, pennellare la superficie con del latte ed infornare a 170° per circa 45 minuti (la classica prova stecchino non vi tradirà).
Mentre aspettate la cottura, preparare una ciotola con del burro fuso.

Appena lo stollen uscirà dal forno, pennellarlo con il burro, cospargere di zucchero semolato ed infine di zucchero a velo.
Fatta questa operazione, lasciare raffreddare su una gratella e poi avvolgere in carta d'alluminio.

Ora..., dopo tutto 'sto popò di lavoro, non è che potete tagliarvene una fettazza e bearvi del magnifico sapore... no!!!!
Lo stollen deve riposare almeno 15 giorni prima di essere gustato, in modo che possa dare il meglio di sé.
A dire il vero la tradizione vuole che esso si prepari nel giorno dell'8 dicembre per poi essere aperto a Natale...
Voi ce la farete ad aspettare così tanto?
Ed io...?

Sarò riuscita a convincere la mia sorellona ad aprirne uno con la scusa di farvi vedere quanto è meraviglioso il suo interno???
A proposto..., guardate un po' se vi piace questo dettaglio? :)

Il cuore di marzapane, l'arancio candito, le uvette, le albicocche, le mandorle....



Lo so che siete sfiniti, ma questo dolce racchiude una storia  secolare e così particolare che non posso non raccontarvi...
Sarò breve, promesso ;))

La tradizione natalizia del “Christstollen” è molto antica. 
La leggenda racconta che lo Stollen per la sua forma, doveva rappresentare il Bambin Gesù avvolto nelle sue fasce, da qui il nome. Gli storici fanno risalire le origini di questo dolce al ‘400. Lo Stollen venne citato per la prima volta nel 1474 come dolce di quaresima sul conto dell’ospedale cristiano di San Bartolomeo. 
Era costituito solamente di farina, lievito e acqua per rispettare il dogma religioso. Senza burro e latte lo “Stollen” veniva chiamato anche Striezel (dolce insapore). Per questo il principe Ernst von Sachsen e il fratello Albrecht pregarono il Papa di ritirare la proibizione di utilizzare il burro e il latte. Il Santissimo Padre si lasciò intenerire e inviò uno scritto che è passato alla storia come “Lettera del burro” in cui comunicava il permesso di utilizzare latte e burro per lo “Stollen” in cambio di una penitenza e una benedizione. 
Anche lo “Striezelmarkt”, mercatino natalizio che deve il suo nome al dolce della tradizione, fu nominato per la prima volta nelle cronache nel 1474. Nel 1560 i fornai di Dresda inaugurarono la tradizione di consegnare al loro padrone per Natale uno o due Stollen del peso di 18 chili. Esso veniva trasportato al castello da otto maestri e otto artigiani…. Un dolce di peso!! Anche se esiste una ricetta di base per il Christstollen originale, ogni fornaio e ogni pasticcere ha un proprio segreto ereditato dalla tradizione familiare. 
La grande capacità tecnica, ingredienti scelti provenienti da terre lontane e spezie segrete, tutto questo si mescola qui per diventare una vera e propria opera d’arte pasticcera. Nel 1900 tutti i produttori artigianali di “Christstollen” interessati si sono riuniti nell’associazione “Schutzverband Dresdner Stollen e.V.“. 
Questa associazione garantisce il consumatore sulla qualità originale del prodotto attraverso una sorta di certificato, un sigillo ovale con il simbolo della singola ditta e la scritta “Dresdner Stollen Schutzverband e.V.”. 
Fonte: http:// dresden.de 

Ora sapete la storia.
Ora sapete come si fa.
Ora, se volete, potete farlo!!!!! :)))

Non posso non ringraziare mia sorella Annarita per aver contribuito ad arricchire le pagine di questo condominio.
Lo faccio con un'ultima foto che rappresenta la classica presentazione del dolce prima del taglio.



Siate lieti, sempre!

martedì 9 dicembre 2014

Buccellato - cucciddatu


Il buccellato (o cucciddatu) è un dolce siciliano. Lo conoscete? La prima volta che ho scoperto questo gustosissimo e peccaminoso dolce, fu una decina di anni fa. Mi arrivò direttamente dalla Sicilia, speditomi da amici. E siccome avevo voglia di condividere con voi qualcosa di natalizio ho deciso di pubblicarlo.
Ne ho fatti due, uno con cioccolato ed uno senza. No no, mica per darvi due varianti, è che nel primo ho dimenticato il cioccolato! Sapete come me ne sono accorta? Dalle foto degli ingredienti; le stavo raggruppando e mi è andato l'occhio sul cioccolato e...e... Ca..o! Ehm...perdindirindina, non ho messo il cioccolato!!! Meno male che l'altra metà della frolla dovevo ancora farcirla!
Ok passo alla riScetta!


Presa da Cristina di eCucinando. Ho ridotto leggermente le dosi e fatto piccole modifiche.

INGREDIENTI    per due da 20/22 cm

Frolla
800 g farina ( io 00 e 0 10% proteine)
200 g strutto
200 g zucchero semolato
 6.5 g ammoniaca per dolci
  2 uova
  90 g latte

Ripieno
120 g di noci sgusciate
160 g mandorle sgusciate
280 g fichi secchi
150 g marmellata di albicocche
100 g di uva passa ammollata per 24 ore nel marsala dolce
100/120 g marsala
160 g di cioccolato fondente 72%
  50 g di cedro candito (era 100g di zuccata ma io non ne avevo)
  40 g di pinoli (io tostati in padella)
150 g miele
  50 g scorze arancia candita (io 20 g di sciroppo d'arancia)
1 bacca di vaniglia (i semini)
12 g di cannella (non mi piace non l'ho messa)

PROCEDIMENTO

Frolla: impastare prima strutto, zucchero e ammoniaca. Inserire le uova e il latte e in ultimo la farina.
Lavorare velocemente e mettere a riposare almeno una mezz'oretta (io l'ho preparata il giorno prima e messa in frigo).
Ripieno: potete farlo il giorno prima.
Tritare i fichi con le mandorle e le noci, poi aggiungere i pinoli precedentemente tostati, l'uvetta ammollata con tutto il liquore, il cioccolato, i canditi, la vaniglia, il miele e la marmellata.
Amalgamare fino a legare il composto e mettere da parte coperto.

Riprendere la frolla, dividere l'impasto in due e stendere ciascun pezzo di frolla in un rettangolo, video. Non deve essere molto largo (vedi foto sotto), alto 1/2 cm di spessore; mettere al centro il ripieno e dopo averlo arrotolato chiudere i lembi a farli appena combaciare, ma senza sovrapporre. Con molta delicatezza arrotolare il salsicciotto, man mano allungandolo fino a che si possa chiudere ad anello senza spezzare la pasta. Chiudere combaciando gli estremi; aiutarsi ancora con le mani compattandolo per uniformare il rotolo, come in questo video.


Ora posizionare al centro della ciambella, un cerchio di circonferenza inferiore, in modo da delineare bene la metà esterna e interna della ciambella, vedi foto. Con la pinzetta pizzicare la pasta cominciando dalla parte interna inferiore, poi interna superiore; poi esterno inferiore, poi esterno superiore per raccordare il ricamo esterno con quello interno. Qui utile di nuovo il video.

Con i pezzetti di pasta avanzata fare un budellino da mettere intorno (come da foto sopra) al buccellato durante la cottura; servirà ad assorbire l'eccesso di calore proteggendo il dolce.
Pennellare con un po' di latte e infornare a 180° statico per circa mezz'ora.
Una volta cotto lucidare con una parte di miele, una di marmellata passata e un poco di acqua, precedentemente portato ad ebollizione. Decorare con granella di pistacchio e/o canditi a piacere.



Si è fatto tardi, è ora di salutarvi. Le ultime luci della sera per magia diventano le prime del mattino. ♥


Silvia

Il buccellato meravigliosamente realizzato dalla mia socia Tamara!



martedì 2 dicembre 2014

I cantucci di Piero: per un'inarrestabile mania!


La mia biscotto mania prosegue senza sosta, come preannunciato Qui e Qua.
E Quo? Dove è andato Quo?? :DDDD

Certo..., dopo il capolavoro di Tam con il post sul pandoro, oggi vi propongo questi semplici biscottini che però sono in assoluto i migliori della specie provati finora!
Non potevo non proporvi dunque i Cantucci dello ZioPiero, quelli che lui chiama i brutti ma cantucci..., quelli che ho fatto e rifatto millanta volte, quelli che hanno riscosso sempre tanti apprezzamenti! :DDDDDD

Le feste sono sempre più vicine e anche questi potranno arricchire i vostri regalini home made!
Fidatevi... son talmente buoni che ve li richiederanno ;))
Vicino ad un buon passito o a un calice di vino rosso poi!! Mmmmmmhhhhhhhh...

Andiamo a vedere come si fanno, va... ;)


INGREDIENTI:

- 2 uova
- 250 g di zucchero
- 250 g di farina
- 200 g di frutta secca tostata (mandorle, nocciole, pistacchi)
- 1 cucchiaino e mezzo di lievito istantaneo
- buccia di limone grattugiata (io polvere di arancia essiccata)
- 1 pizzico di sale

PROCEDIMENTO:

Su un piano di lavoro o un capiente tagliere di legno, setacciare la farina, aggiungere lo zucchero, il pizzico di sale, il lievito, la buccia grattugiata del limone e con le mani creare un unico composto.
Formare una fontana e al centro rompervi le uova, iniziando a montarle con una forchetta e poi facendo assorbire la farina, aiutandosi magari con un tarocco.



Non appena l'uovo è stato assorbito, ma l'impasto non è ancora ben legato, aggiungere la frutta secca e, solo a questo punto, lavorare il composto con le mani fino a quando non risulterà bello liscio  e compatto.
Suddividerlo in tre parti uguali e stendere tre filoncini da adagiare su una teglia ricoperta di carta forno ben distanziati fra di loro.
Infornare a 180° in modalità statico per circa una mezz'ora.


I filoncini, in cottura, si allargheranno permettendo poi il classico taglio a "cantuccio", appunto!
Appena sfornati, lasciarli raffreddare una decina di minuti prima di procedere con il taglio e la successiva tostatura.
Munirsi di un coltello a lama lunga e liscia e praticare sui filoncini tagli obliqui dallo spessore di circa 1 cm.
Nel frattempo abbassare la temperatura del forno a 150° ed attivare la modalità ventilata.

Mano a mano che verranno fuori i biscottini, posizionarli sempre nella stessa teglia ed infornare nuovamente avendo cura di lasciare lo sportello in fessura in modo da favorire l'uscita dell'umidità ed esaltare la croccantezza dei cantucci.
Lasciarli in forno fino a quando non avranno assunto un bel colore dorato.


Una volta sfornati, lasciarli raffreddare bene bene su una gratella e procedere poi al loro confezionamento in sacchetti di cellophane trasparenti.
Vi garantisco che in questo modo manterranno la loro croccantezza per almeno un mese, ma tanto ad un mese non arrivano perché la loro fine sarà questa...



Questi, invece, sono tutti per voi!




Li metterete sotto l'albero per regalarli ad amici e parenti??? :DDD
A presto!

Emmettì


mercoledì 26 novembre 2014

Habemus Pandorum: Pandoro a lievitazione naturale

               STAMPA SOLO LA RICETTA (PDF)


 Arriva Natale, che per me significa Panettone. Sì anche vacanze, palline colorate, buoni propositi e... Il panettone per eccellenza, quello a cui mi sono fermata l'anno scorso dopo 4 mesi di produzione ininterrotta, di sperimentazioni varie con tutte le farciture possibili e impasti folli,  è il Panterrone! Mai mangiato nulla di più buono!
Confesso, ne sono orgogliosa. Come ho già detto in altre occasioni, sono maniacale quando decido di fare di testa mia, arrivo a un ricetta partendo da un sapore familiare, da un'idea che comincia a pizzicarmi i neuroni, dal desiderio di creare qualcosa studiando il conosciuto, seguendo l'istinto, cercando un odore. Così è stato per il Panterrone.
L'ho comprato in una delle migliori pasticcerie di Lecce, più e più volte. Lo annusavo, lo mangiavo lentamente a occhi chiusi, esortavo il palato ad aguzzare le papille, inducevo il gusto a percepire i sapori nascosti , poi provavo e riprovavo per emularne la bontà, finché non ho trovato l'equilibrio perfetto tra impasto e farcitura, il matrimonio ideale tra sapore e profumo, e finalmente, dopo nove settimane (!!) è nato lui, il mio Panterrone.
Sì, ne sono orgogliosa :)) Fatto e rifatto durante tutto l'anno, anche se l'estate è senza dubbio il momento migliore per mangiarlo! L'ho prodotto ininterrottamente, l'ho spedito a Roma per un pranzo speciale, è finito nella valigia di Maya quando è venuta a trovarmi qualche settimana fa. E ancora, donato a parenti, amici e colleghi. Comincio anche a riceve velate ordinazioni!
Insomma, mi sento appagata,  non credo che potrei inventare* un panettone più buono! e per queste feste non ho voglia di provare panettoni straconosciuti e strapubblicati.

Così ho pensato fosse  tempo di provare col pandoro.
Come al solito mi sono messa a studiare varie ricette, affidandomi a nomi importanti (i link sono indicati a fondo post), ho fatto i miei folli ragionamenti, assaggiato,  chiuso gli occhi, modificato  e bla bla bla, impastato e... risultato eccellente (per i miei gusti).  Morbido, burroso, umido, scioglievole, delicatamente profumato di vaniglia e limone, bello, dondolante, due impasti,  la pianto qui e procedo con la ricetta! La sequenza fotografica passo passo della preparazione la trovate QUI.


* ovvio che non ho le capacità di inventare nulla, diciamo che sono una  autodidatta sperimentatrice  culinaria :))







 RICETTA


PANDORO A LIEVITAZIONE NATURALE 

dosi per stampo da 1 kg
(attenzione: verificare le dimensioni dello stampo. vendono da chilo anche stampi da 800 o 900 g. Verificate il contenuto in litri di acqua e dividete per 3. Il risultato corrisponde alla quantità di impasto consigliato  al quale aggiungere approssimativamente il 10%, considerato che questo andrà perso fra lavorazione e cottura)


Primo impasto:
- g 110 lievito madre (rinfrescato 3 volte)
- g 210 farina manitoba o 00 forte
- g   75 zucchero semolato
- g   40 acqua
- g 120 tuorli
- g 100 burro
- g   60 latte

Secondo impasto:
- g 100 farina manitoba o 00 forte
- g   55 zucchero a velo
- g   40 tuorli
- g   90 burro
- g   40 cioccolato bianco (oppure 20 g burro di cacao)
- g     6 sale
- g   30 latte
- g   60 mix aromatico
-        1 cucchiaino di malto (facoltativo)
-        1 bacca di vaniglia

mix aromatico (per 2 pandori)
- g  50 miele
- g  20 burro
- g  40 canditi arancia (o la buccia grattugiata di due arance)
- g  15 marsala (o vov)
        1 bacca vaniglia
zeste grattugiate di 2 limoni

zucchero da pandoro
 (per 2 pandori da 1 kg):
- g 100 zucchero a velo
- g     4 rum
- g     4 cioccolato bianco grattugiato
-     1/2 bacca di vaniglia (o i semi di una bacca)

passare al cutter per 2 minuti (o fino a polverizzare la bacca). Setacciare e conservare in un sacchettino chiuso ermeticamente.


Preparazione
Sequenza fotografica del passo passo QUI

Primo impasto:
- Pesare tutti gli ingredienti e setacciare la farina.
- Preparare uno sciroppo (1)  con 40 g di acqua e lo zucchero semolato, portare fin quasi a bollore e lasciar raffreddare. Aggiungere 70 g di tuorli e mescolare con un frullatore a immersione.
- Versare lo sciroppo nella planetaria, aggiungere il lievito spezzettato, montare il gancio a foglia e avviare a bassa velocità fino a quando il lievito non sia sciolto. Aggiungere il latte e quindi la farina.
- Impastare fino a incordare molto bene l’impasto che dovrà formare una maglia glutinica ben elastica ed estensibile.
- Fatto legare bene l'impasto, montare il gancio a uncino e aggiungere i 50 g di tuorli rimanenti, facendoli assorbire bene.
- Quando l’impasto si sarà ben formato, unire il burro morbido a temperatura ambiente in più riprese, facendolo  assorbire dalla massa.
- Quando l'impasto è elastico e non si strappa allargandone un pezzo con le mani, ma forma un velo sottilissimo, trasferirlo in un contenitore graduato imburrato (se non si possiede, usare un contenitore trasparente e segnare con un elastico le misuree lasciarlo riposare a 20/ 22° per 12/15 ore finché non avrà triplicato il suo volume (attenzione a non andare oltre, va bene da due volte e mezzo a tre volte il volume iniziale).

intanto, prepare il mix aromatico.
Far sciogliere a bagnomaria o al microonde il burro con il miele, tagliare in senso longitudinale la bacca di vaniglia, estrarre tutti i semini con un cucchiaino e unirli all'emulsione ancora calda, aggiungere il resto degli ingredienti e passare tutto al mixer fino ad ottenere una crema densa. Riporre in un barattolo, immergervi la bacca svuotata, chiudere col tappo o con pellicola, e conservare in frigorifero.

Preparare e pesare gli ingredienti per il giorno dopo, conservare in frigorifero tranne la farina. Il burro si può tagliare e conservare in un contenitore chiuso insieme ai semini di vaniglia.

Secondo impasto:
- Ammorbidire il burro a temperatura ambiente o al microonde a bassa temperatura.
- Sciogliere il cioccolato bianco a bagnomaria o nel microonde con un po' di burro.
- Preparare un'emulsione col burro ammorbidito, il cioccolato bianco e la vaniglia. Mescolare con una frusta fino a che si sia raggiunta la consistenza liscia di una crema. Far raffreddare un po' in frigo.
- Versare il primo impasto nella ciotola, aggiungere la farina e il latte, montare il gancio a uncino e cominciare ad impastare. Procedere per almeno 15 minuti, perché la massa si incordi bene. L'impasto dovrà essere liscio ed elastico, ben legato (2).
- Aggiungere i tuorli e il mix aromatico (dal quale si sarà estratto il baccello di vaniglia intero), sempre un po' per volta, alternando con lo zucchero a velo, riportando sempre a incordatura tra un inserimento e l'altro (un cucchiaio di tuorli, uno di zucchero, ancora tuorlo, zucchero, un cucchiaio di aroma, zucchero a velo, mix,  ecc. fino ad esaurimento dei tre elementi)
- Unire malto e sale, idratare con un goccio d'acqua e versare nell'impasto, continuare a impastare fino ad assorbimento.
-  Infine, procedere con l'inserimento dell'emulsione, poco alla volta, e sempre mantenendo legato l'impasto. Questo passaggio è piuttosto delicato, l'impasto potrebbe riscaldarsi. (3) Ribaltare ogni 2/3 inserimenti e continuare ad impastare finché la massa non risulterà liscia e molto elastica.
- Finita la lavorazione far puntare l'impasto, cioè farlo riposare, coperto, sul marmo o nella ciotola stessa, per almeno mezzora (4) .

procedere scegliendo di:

A) Far riposare l'impasto in frigorifero (5),  in una ciotola imburrata e coperta con pellicola, da 6 a 12 ore.
- Togliere dal frigo e far acclimatare l'impasto almeno per un'ora. E poi procedere col punto B.

oppure, saltare il punto A, e

B) Procedere con una prima pirlatura (io la prima la faccio a spirale, arrotolando l'impasto e stringendo l'impasto verso il basso. QUI il video).
- e, dopo circa 20/30 minuti, con la seconda, lasciando scoperto l'impasto fra una pirlatura e l'altra (questa seconda volta, invece, arrotolo l'impasto trascinando l'impasto in avanti, come si vede in quest'altro video).
- Adagiare nello stampo precedentemente imburrato con burro mobido ma non sciolto, coprire con pellicola  e far lievitare da 22° a 26° al massimo,  fino a 2 centimetri dal bordo dello stampo. A 22/24 gradi ci vorranno circa 6/8 ore.
- Porre gli stampi a temperatura ambiente e senza copertura fino a quando non si formi una pelle sottile in superficie (circa mezzora, dipende dall'umidità ambientale).
- Con uno stecco sottile lungo praticare dei fori sulla superficie del pandoro spingendo fino alla base, in modo da evitare la formazione di grosse bolle d’aria all’interno del dolce durante la cottura.
- Infornare in forno statico a 150°C  e cuocere per circa 55/65min. (io  40 statico, 15 ventilato, 10 ventilato con sportello del forno aperto a fessura).
- Sfornare e far raffreddare nello stampo almeno un paio d'ore. Poi togliere con delicatezza lo stampo, ribaltare e far asciugare ancora 8/10 ore (vedi nota in DIVAGAmente).

(1) Lo zucchero semolato è granuloso,  inserirlo nell'impasto dove la farina è già legata con l'acqua tende a far attrito strisciando tra l’impasto e l’impastatrice e ciò potrebbe causare delle microlesioni nel glutine che si sta formando, quindi creare problemi in fase fermentativa. Per ovviare a tutto ciò si rende liquido lo zucchero facendo in modo che la farina lo incorpori subito e meglio.
Nel secondo impasto ho usato zucchero a velo per la stessa ragione.
(2) Questo passaggio è importante perché il glutine che si viene a formare sarà ben resistente e incordato così da permettere ai seguenti ingredienti di essere incorporati senza compromettere la maglia glutinica. L'accelerazione di questo passaggio potrebbe compromettere la lievitazione e la giusta alveolatura del prodotto.
(3) Se si dovesse verificare questa eventualità, far raffreddare l'impasto nel frigorifero per una quindicina di minuti e poi riprendere.
(4) La puntatura è necessaria per far rilassare il glutine e far completare l'idratazione delle proteine.
(5) Ho notato che se il secondo impasto lo faccio maturare in frigo per una notte, ne guadagna, tantissimo,  il sapore. Quindi se si ha la possibilità, consiglio vivamente di fare questo passaggio. Inoltre, per me, è utile a gestire il tempo, avendo un ventaglio di diverse ore disponibili.



DI PERTINENZA


Tempi di lavorazione (indicativi)
Venerdì sera ore 21.00 : primo impasto. inizio lievitazione ore 21.45.
Sabato mattina: ore 11.00: secondo impasto.
Sabato mattina ore 11.50: puntatura.
Sabato mattina ore 12.20: riposo in frigo.
Sabato sera ore 22.30: acclimatazione dell'impasto.
Sabato sera ore 23.30: prima pirlatura.
Sabato sera ore 24.00: seconda pirlatura. Inizio seconda lievitazione.
Domenica mattina: ore 7.00: scopertura impasto lievitato.
Domenica mattina ore 8.00: foratura impasto lievitato e messa in forno.
Domenica ore 9.05: fine cottura. Inizio raffreddamento nello stampo.
Domenica ore 13.00: estrazione del pandoro e capovolgimento dello stesso.
Domenica ore 22.00: confezionamento.

Se avanza impasto, perché lo stampo è un po' più piccolo del chilo indicato nella ricetta e non si ha voglia di ricalcolare tutto, ché se si tratta di metterci 3 giorni appresso a un lievitato siamo tutti stoici ma per fare i ricalcoli preferiremmo zappare piuttosto la terra per 3 giorni senza sosta, si possono fare dei piccoli pandorini negli stampi da muffins o quelli disponibili, guardate che carini!





DIVAGAmente 

Quando si tratta di lievitati importanti, c'è poco da divagare, la mente, l'attenzione e il cuore sono tutti impegnati a non trascurare il minimo dettaglio. E la mia natura maniacale, attenta alle impercettibili imperfezioni, anche nel caso del Pandoro non m'ha dato pace! La ricetta, confesso, l'ho studiata a lungo, e dopo aver cotto il primo pandoro, non mi sembrava vero di non aver trovato nulla da cambiare, mi sembrava perfetta! Ma ti pare che mi basta? Soddisfatta del gusto e della consistenza, ho cominciato ad impiccarmi per l'estetica!

Nelle prime cotture, i cupoloni toccavano il soffitto del forno, cioè la griglia coperta con carta stagnola che metto sopra a protezione dell'eccesso di calore prodotto dalle serpentine superiori. E così ho escogitato un sistema per aumentare al massimo l'altezza del filtro: delle palline di stagnola che fungono da piedini per la griglia, e due leccarde poste direttamente sulla base, così da schermare l'eccesso di calore sotto. Guardate QUI.

clicca per ingrandire

Risolto questo problema, mi sono messa a rimuginare per risolverne un altro.
Quando rigiro il pandoro, la cupolona, bellissima, sviluppata, tonda, perfetta, che deve diventare la base, si abbassa, sotto il peso di cotanta meraviglia. E questo, oltre a rovinare l'estetica, ovviamente comprime la pasta, che diventa più compatta sul fondo.
Io invece vorrei  Ercolino sempre in piedi, ve lo ricordate?? Ecco, così mi piace il pandoro, con la base dondolante!


Dopo notti insonni a sognare valzer e giravolte , ho capito che il problema, per cui la base si appiattisce, è che il pandoro è troppo soffice e giocoforza tutto quel chilo spinge verso il basso, appiattendo la cupola ribaltata. Ergo, bisogna rendere meno soffice il pandoro, almeno nella parte esterna allo stampo. Inoltre, ho cotto senza vaporizzare il forno e, gli ultimi dieci minuti, ho aperto lo sportello a fessura, frapponendo un guanto da cucina. Ho aspettato 4 ore prima di toglierlo dallo stampo. E così, finalmente, ha dondolato!




E voi, come lo farete? Saldamente piantato sul tavolo, con la base piatta, e la pasta soffice come una nuvola, oppure un po' meno scioglievole ma bello e dondolante?? Comunque sia, fatelo! E' davvero meravigliosamente buono!


Tanti auguri, a presto!

Tamara

Letture d'ispirazione:
Disciplinare
Biancolievito
Il Pandoro di Iginio Massari
Francesco Favorito "La mia pasta lievitata" (grazie Emmettì per avermelo prestato!)

LINK:
Preparazione e foto passo passo: http://visionigustative.blogspot.it/2014/11/pandoro-passo-passo.html
Altre foto: http://visionigustative.blogspot.it/2014/11/pandoro-lievitazione-naturale.html

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STAMPA LA RICETTA CON FOTO PASSO PASSO (PDF)